Trallallera, trallallera

di Maria Torrisi

Lo sentivo da giorni. Era il suono di qualcuno che soffiava nella canna di un flauto di plastica. Qualcuno, un bambino certamente, che pestava note - fu, fuu, fuu - sempre le stesse, in maniera incerta e noiosa, per i tanti errori che interrompono la fluidità del suono Fino a quel momento, impegnata com'ero a sperare soltanto che quel tormento per i miei timpani finisse al più presto, non avevo mai sfiorato il pensiero che improvvisamente mi catturò. D'un tratto quelle note martoriate mi riportarono alla mia infanzia e mi rividi chiusa nella mia stanza, un'atmosfera felice e azzurra intorno a me, con un'ocarina di terracotta tra le mani. Aveva lo stesso suono di vento che sentivo da giorni provenire dall'appartamento vicino, le stesse note separate, scoordinate e stonate. Quel "fu, fuu, fuu" che però da bambina mi sembrava un suono straordinario, magico e fatato. Avevo chiesto quello strano fischietto, che sembrava quasi un oggetto primitivo, come ricordo di una gita domenicale. Era simile a tante altre piccole opere artigianali in vendita nei negozi per turisti, ma aveva un segreto che lo rendeva speciale: produceva suoni, grazie a quei cinque forellini che si trovavano sulla parte superiore e ai due più grandi che stavano in quella inferiore. Il soffio, vagamente musicale, usciva da una larga apertura al centro della forma quasi ovale e il suo guscio era lucido e colorato da spirali verde smeraldo che lo rendevano unico. Non sapevo quale fosse il modo giusto per produrre note e armonia musicale, ma inventai la mia tecnica e ciò fu sufficiente per farmi felice.Un giorno però cadde e si ruppe. Non avrebbe mai più potuto produrre suoni. Era diventato improvvisamente inservibile: rotto mostrava la povertà del suo interno grezzo di terracotta, con la pelle dello smalto slabbrata e sbeccata e i tanti fori irritrovabili tra i mille frantumi. Avevo l'impressione che la sua anima fosse volata via. "Non devi piangere", mi consolavano gli adulti, saggi di casa. "Se ne comprerà un altro". Ma come si può "comprarne un altro", pensavo io? Ero sicura che di un oggetto unico come il mio non se ne potevano trovare "uguali". Nessuno avrebbe mai potuto avere gli stessi colori, la stessa forma, la stessa voce e soprattutto nessuno mai avrebbe potuto possedere la complicità delle nostre ore passate insieme: come la rosa del "Piccolo principe", quella e non altre era la "mia" unica ocarina!Un giorno, molto tempo dopo, lui mi lasciò. "Di che ti preoccupi, ce ne sarà un altro", mi dicevano le amiche e persino le persone più adulte. Ma come "un altro" uomo? Era quello il "mio", quello con cui avevo fatto tanti sogni, con cui avevo immaginato il mio futuro e costruito i miei progetti. Eppure, quando me ne scordai, incontrai te. E la musica tornò a suonare dentro di me. Era la musica più bella che io avessi mai sentita. Quella che faceva vibrare il cuore e la carne all'unisono. E non era un semplice "fu, fuu, fu", ma un allegro e coinvolgente: "Trallallera, trallallera."

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