Alex

di Valentina Di Mauro e Lorena Arcidiacono


Subito dopo aver aperto gli occhi si levò di scatto. Intorno, buio fitto. A tentoni costeggiò il muro fino a trovare l'interruttore della luce. Una piccola lampadina si accese. La testa girava, tutto era confuso, non capiva dove fosse e perché. In mutande , scalzo, ma con addosso ancora la felpa, si trovò di fronte ad un immenso finestrone. Davanti a lui la città pulsava di energia vitale sotto la luce abbagliante di mezzogiorno. Fantasticando su chi potesse trovarsi alla guida delle centinaia di auto che schizzavano a destra e a sinistra, come dei proiettili caldi appena sparati, sentì il capo esplodergli, come se appunto una di quelle pallottole lo avesse colpito in pieno. Le orecchie fischiavano mentre la pressione si abbassava sempre più, rendendogli faticoso riuscire a rimanere in piedi. Si sedette per terra, guardandosi intorno: il divano bordeaux sul quale aveva evidentemente dormito, un pavimento in parquet un po' impolverato, un tavolino in mogano, una lampada, qualche libro sparso... Murakami, Saramago... Allora capì dove si trovava: la casa di Elisa. Avevano rotto ormai da mesi, come mai si trovava là? Sicuramente la sera prima aveva bevuto molto, che l'avesse chiamata durante uno dei suoi deliri notturni da sbronza?
Il rumore del chiavistello che gira, una porta che sbatte, dei passi che si avvicinano: era lei.
Come poter dimenticare il suo andamento? L'avrebbe riconosciuto anche da svenuto moribondo. Elisa : "Buongiorno bell'ubriaco. Come è andato il risveglio? Lei si sente a suo agio nell'occupare le case altrui?" disse la ragazza con un mezzo sorriso nervoso che somigliava più al ringhio di un cane furioso.
Alex: "Davvero, scusami per il disturbo, non ricordo nulla, che ho fatto?
Elisa: " E certo, non ricordi mai nulla tu! Bella scusa per rovinare la vita alla gente , lavandotene sempre le mani e non assumendoti mai nessuna colpa! L'innocente per eccellenza: colpa del vino, colpa della società, colpa della fidanzata stronza o della segretaria provocante. Sai cosa hai fatto? Lo sai? Secondo me ricordi tutto e menti , perché ne provi vergogna!
Alex." No, veramente, lo giuro su qualsiasi cosa... Aaii! Ho la testa che mi scoppia!
Elisa: " Ebbene, ecco, tieni un bel caffè, amaro come lo prendi tu, un pacco di sigarette di cortesia, dei biscotti per non spaccarti ancora di più lo stomaco e se vuoi ti dò anche un bel calcio per incitarti ad uscire da casa mia! Vestiti e non voglio mai più ricevere sorprese simili alle 4 del mattino, che ci ho una vita, un lavoro ed una dignità!"
Detto questo Elisa gettò tutta la sua roba sul divano e sparì in camera sua, richiudendosi la porta alle spalle.
Alex prese due biscotti, li mangiò , bevve il caffè di un fiato, prese una sigaretta, mettendola nella tasca della felpa , raccolse i jeans e le calze da terra, li indossò, infilò le scarpe ed uscì. Mentre percorreva il corridoio, scendendo le scale, gradino dopo gradino, cercava di ricostruire ciò che era accaduto, ma invano. Ricordava che era da Joe, il solito pub al centro dove spesso incontrava i suoi amici. Stranamente ieri sera non c'era nessuno e si era intrattenuto con il barman, suo ex compagno di scuola, nonché ormai confidente.
Dopotutto diceva sempre, tra baristi e preti non c'è molta differenza: entrambi assistono alla disperazione in cui il povero uomo è immerso, ascoltano i suoi lamenti e danno la loro consolatoria opinione. Un bicchiere tira l'altro ed ecco che .. sì, ecco aveva trovato nel taschino dei jeans uno scontrino, quello della pizzeria preferita da lui e Elisa, dove andavano quasi ogni fine settimana. Che sia stato quello a ricordarle lei? Uscito dal portone , trovò gettato nel cestino, lo scatolo unto di una pizza, ancora intatta , tra l'altro, proprio di quella pizzeria. Insieme ad esso un brick di vino del discount. Che aveva combinato? Che fosse andato in qualche 24 ore a comprare il vino e poi... in quella pizzeria.? A suonare o chissà magari ad urlare, sotto la sua porta?. Che vergogna, Che disonore. Quante persone lo avevano visto? E quante ne avrà svegliate? Gente in giacca e cravatta gli sfilava davanti, snobbandolo. Effettivamente puzzava di alcool misto a piscio che faceva venire da sboccare anche a lui, figuriamoci agli altri. Aveva 30 anni, ma creava gli stesi casini dei ragazzini. Vedere quel caos, tutte quelle famigliole che, in macchina, andavano chissà dove, in quale casa, a pranzare assieme ai parenti o con gli amici, a coccolarsi ed amarsi, mentre lui, beh, lui era un fallito, lo immerse in uno stato di agitazione. Alla sua età tanti avevano già un lavoro, ed erano persino sposate, mentre per lui tutto ciò non era successo. Forse aveva bisogno di un habitat tutto suo dove poter maturare, fare esperienze nuove, allontanarsi dalla gente del luogo. E stare lontano dall'alcool per un bel po'. Quella metropoli così grande, gli stava fastidiosamente stretta. Sognava paesaggi sconfinati, natura, silenzio. Non che volesse fare l'eremita, ma doveva capire cosa fare della sua vita. Molti l'avrebbero definita una crisi di mezza età, ma una bella vacanza, era proprio quello che ci voleva.
***
Prima di partire aveva scritto una lettera ai suoi genitori. Non aveva avuto il coraggio di consegnarla di presenza. L'avrebbe inviata da una delle città da lui visitate lungo il suo peregrinare, quando sarebbe già stato molto lontano. Prima vagabondando per l'Europa, con il suo zaino in spalla, vivendo per strada, sempre con una chitarra a tracolla e qualche giro di Do per raccattare pochi spiccioli lanciatigli dai passanti. E' così che conobbe molti giovani come lui, che mendicavano per comprarsi un panino. Entrò in una comune di ragazzi, tutti di nazionalità diverse che avevano occupato un vecchio casolare appena fuori Amsterdam. Dividevano tutto quello che ognuno di loro riusciva a racimolare in città elemosinando, a volte qualche persona di buon cuore dava loro cibo e vestiti. Con mobili recuperati, arredarono le stanze che riuscirono a riattare alla bella e meglio. Poi iniziarono a coltivare il piccolo appezzamento di terreno antistante il casolare. Alcuni erano bravi nell'artigianato, facendo monili di bigiotteria, altri piccoli oggetti di legno e di cuoio, altri cucendo stoffe recuperate, confezionavano indumenti di foggia particolare che poi cercavano di vendere. Alex sembrava aver trovato la sua dimensione di vita: non c'era, in fondo tanto da cercare, obiettivi particolari da raggiungere. Lo scopo era vivere sereni, anche con poco, e lasciarsi alle spalle il passato con cui sembrava aver fatto pace. In quella piccola comune era il più "anziano" e colui che era rimasto stabilmente , diventando il punto di riferimento di quella piccola società di outsiders. Eppure pian piano un sentimento sottile di insoddisfazione sembrava insinuarsi dentro di lui. C'erano giornate in cui l'irrequietezza lo dominava e avrebbe voluto scappare. La notte era affollata da incubi che alla luce del giorno apparivano incomprensibili e lasciavano un sentore di amaro in bocca.
Una sera arrivò lei , e come se un raggio di sole all'improvviso squarciasse tutte le nuvole nere nella sua mente ed Alex comprese che era proprio lei che stava aspettando. Era dolce e fragile, i lineamenti orientali del suo viso la rendevano esotica ed attraente, ma non disponibile, visto che era arrivata alla comune con un ragazzo alto e biondo, sicuramente il suo compagno. Amaya, si chiamava. Lei ed il compagno decisero di rimanere nella comunità, per un tempo che loro non sapevano ancora determinare con precisione.
Lei era riservata, ma ben resto fecero amicizia, visto che Alex coordinava le attività collettive affinchè tutto potesse funzionare e doveva comunicare personalmente con tutti i residenti. Ognuno si assumeva un compito a rotazione : chi si occupava della cucina , chi della coltivazione dell'orto e del pollaio, chi delle pulizie , chi dei lavori di manutenzione e così via. La sera era sempre un momento conviviale in cui si mangiava tutti assieme, si cantava e ballava e spesso si organizzavano feste anche per amici e persone al di fuori della comune. Amaya si era offerta di occuparsi dei bambini , dato che ormai molte coppie con figli si erano stabilite lì, li seguiva con i compiti scolastici ed animava con giochi ed attività creative i loro pomeriggi , avevano pure creato una ludoteca, dove anche altri bambini che vivevano nella città poco vicina , potevano unirsi . Una mattina le propose di accompagnarlo al mercato a fare acquisti di vario genere, e lei lo segui' volentieri, passarono un paio d'ore assieme in giro per i diversi banchetti, facendo provviste di ogni genere, quando all'improvviso scoppiò un acquazzone torrenziale che li sorprese e nel giro di pochissimo li inzuppò dalla testa ai piedi. Correndo verso il furgone lui le prese la mano , aiutandola a saltare le pozzanghere che si erano formate lungo la strada. Sentì la sua mano morbida e calda dentro la sua e capì che lei si sentiva al sicuro, avava fiducia in lui. Tornati al casolare, nessuno dei due parlò più, visto che il suo ragazzo era tornato dalla città e per giorni si guardarono in silenzio. Una sera Alex li sentì litigare. Il ragazzo di Amaya voleva andare via dalla comune, aveva altri progetti, mentre lei voleva rimanere. Non passò molto tempo che il ragazzo partì, da solo. Da quel momento in poi iniziò la loro storia.
***
"Quindici anni, sono trascorsi quindici anni da quel maledetto giorno!" pensò Alex cercando di soffocare quella fitta dolorosa che riemergeva suo malgrado dalle sue viscere ogni qualvolta ripensava a quell'evento che 15 anni prima aveva completamente stravolto la sua vita , e non solo la sua. Fatti e circostanze che avevano tormentato la sua mente e il suo corpo , tanto da ridurlo a un povero relitto inutile, come un pezzo di scafo di una piccola barca di legno trascinata dall'uragano in piena e schiantatasi contro gli scogli.
Ricordi da cui aveva cercato di allontanarsi, ma era comunque inevitabile guardarsi indietro, soprattutto ora, che finalmente era veramente lontano, fisicamente quasi 10.000 chilometri di distanza dal suo paese di origine e temporalmente distante, dopo tutti quei lunghi anni trascorsi a cercare un altro luogo dove poter di nuovo sentirsi a casa, avevano diluito la sua sofferenza e posto un velo sulle circostanze del passato. Con lo sguardo fisso verso l'oceano, la distesa maestosa di quelle acque cristalline, che dal blu oltremare sfumavano in un verde smeraldo, in quella piccola baia spesso sferzata dal vento, incastonata tra le rocce su cui si abbarbicavano pini marittimi, che a tratti ricordavano la sua di isola , quella natale, il suo cuore trovava pace . La sua testa andava a quella sera, come un film visto e rivisto in maniera ossessiva cento volte , e come se rivedendolo ogni volta egli potesse cambiare il corso degli avvenimenti, parlare a sè stesso, convincendosi a fermarsi, a tornare alla ragione. Quella sera era con lei, Elisa, il suo nome evocava timidi fiori profumati ed esili. Si era innamorato, ma il suo cervello non riusciva ancora ad accettare quel sentimento per lui finora alieno e a tratti spaventoso. La sua età lo portava a sentirsi spavaldo e fiero, uomo fatto, ma ancora immaturo nei sentimenti . Non voleva sentirsi legato o dipendente da chiunque, aveva grandi progetti per il suo futuro, anche se non sapeva bene quali fossero. Il viaggio , sì, quello sempre, andare per il mondo, scoprire , aprire la mente. Sentiva di dover fuggire da una mentalità chiusa, gretta, arretrata, come quella della borgata in cui viveva, ma ancora ricorda quei trent'anni fatti in cui la sua esistenza era fatta di sogni campati in aria e progetti irrealizzati ed irrealizzabili. L'unico punto fermo era lei, che dopo anni assieme, non osava chiedeva niente. Poi lei lo lasciò, non ne poteva più dei suoi atteggiamenti irresponsabili, ed aveva ragione, si meritava di più. La goccia che aveva fatto traboccare il vaso fu proprio quella mattina, in cui aveva bevuto come una spugna e si era fatto trovare sotto casa sua, urlando come un pazzo per svegliarla, ed invece aveva destato tutto il vicinato.
Alla fine lei dovette aprirgli e lo fece accomodare su divano, lui crollò, completamente obnubilato dall'alcool. Lei sì, che era solida, concreta, studiava e lavorava, che se ne poteva fare di uno come lui!
La sera successiva a quella colossale sbronza, invitò Elisa al pub di Joe, assieme agli amici di sempre , voleva implorare il suo perdono, rabbonirla, farle capire che per lui la sua presenza era importante, chiederle aiuto e sostegno. Lei venne, ma era fredda e scostante, in fondo la capiva. Allora anche lui si bloccò, non riuscì a dirle quello che sentiva ed allora per lasciarsi andare cominciò a bere un po' troppo, come al solito.
L'alcool allentava le sue inibizioni e gli scioglieva la lingua, le idee fluivano libere, creative, lo facevano sentire spavaldo, sicuro di sé. Ed invece di chiederle scusa, cominciò a dire di volersene andare, lontano, da quella città e da quella gente di merda. Poi alle prime ore del giorno via tutti, ammassati sulla sua cinquecento scassata, anche Elisa si convinse a seguire quel gruppo di buoni a nulla, per andare a guardare l'alba dalla collina sovrastante la città.
Su una curva perse il controllo e l'auto finì in una scarpata. Elisa perse la vita in quell'incidente e l'autopsia accertò che era al terzo mese di gravidanza.
Dopo quel terribile incidente , non poteva più rimanere, tutti lo guardavano di sottecchi, lo sentiva che lo disprezzavano. Fu per quel motivo che iniziò il suo peregrinare per il mondo, in cerca di una ragione e di uno scopo di vita e di un modo per espiare il suo senso di colpa. Poi arrivò Amaya, a lei raccontò tutto della sua vita precedente il loro incontro e del suo tormento per un avvenimento ed un dolore che non riusciva a lenire. Dopo quasi quindici anni forse lo aveva trovato in quel luogo, in quella spiaggia assolata e deserta, quell'isola, luogo natale di Amaya , dove, dopo l'esperienza della comune, avevano deciso di andare a vivere. La sua mano strinse più forte quella minuscola di sua figlia, che lo guardava percependo d'istinto, come un animale sente il suo padrone, lo stato d'animo del padre . Alex, rimase così, scrutando l'orizzonte, la testa inclinata verso il basso, la mano sollevata a formare un minuscolo baldacchino per riparare il viso dal sole. Un gesto inutile. Restava solo il silenzio. I raggi sui suoi capelli.

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