La marionetta di carne

di Cristina Di Salvatore


Lei era li. Distesa, inerme, i capelli sparsi attorno al suo capo a mo di cuscino, la faccia rivolta verso il pavimento della scuola. La piega del braccio destro innaturale, così come il ginocchio sinistro. Sembrava come se fosse precipitata dall'alto eppure era dentro l'Aula Magna del liceo Tenca. Tutte quelle sedie attorno a lei creavano un'atmosfera surreale, quasi come se ci fosse un pubblico lì seduto ad osservare il suo corpo messo in quella strana posa.

Sembra una marionetta, pensò l'ispettrice M. mentre avanzava dall'ingresso principale verso il corpo della vittima.

"L'assassino ha deciso volutamente di lasciare il suo corpo in quella strana posa. Avrà anche deciso dove posizionarlo, è tutto troppo architettato, troppo plastico. "Disse ad alta voce rivolgendosi genericamente ai suoi collaboratori che si muovevano come uno sciame di moscerini tutt'intorno al cadavere.

"Chi ha trovato la vittima?"

" è stata la signora Maria" Rispose l'agente S., un uomo sul metro e 90 e 42 anni di cui 20 passati in polizia. "Prende servizio a scuola alle 7.30. Si era insospettita quando, entrando, ha notato la porta dell'Aula Magna aperta. Non è un'aula che si usa con frequenza e quindi la si pulisce solo all'occorrenza."

"Conosciamo l'identità della vittima?" Continuò l'ispettrice mentre si chinava verso il volto della donna, cercando di scrutare qualcosa da quella posizione.

" Si tratta della professoressa Ludovica Locati, di anni 37, insegnante di religione. Lavorava in questo istituto da solo un anno e le erano state assegnate 18 classi, 1 ora a settimana con ciascuna di esse. Mi sono fatto dare l'elenco degli alunni e dei colleghi di ogni classe e l'orario della povera disgraziata."

"Ben fatto agente S. eppure il mio istinto mi dice che l'assassino non ha niente a che vedere con la scuola. Cos'altro sappiamo della vittima? Più o meno l'ora del decesso? Dov'è il dottore Filippi? Ancora in ritardo?"

" Sono qui, ispettrice!" Rispose il dottore, un omino sui 50 anni, pallido ed emaciato come i cadaveri con cui aveva a che fare ogni giorno. All'ispettrice quell'uomo così esile e fragile dava un senso di nausea ma più di tutto non sopportava la sua vocina flebile. Pensava che se avesse scelto questa carriera a stretto contatto coi morti fosse perché nessun vivo aveva voglia di passare del tempo in sua presenza.

"devo continuare le mie indagini nel laboratorio ma ad occhio e croce non sarà morta da più di 8 ore. Vorrei però girare il corpo"

"Certamente! Non perdiamo altro tempo! " E con un cenno della mano, raduno 3 degli agenti della squadra con la quale collaborava ormai da più di due anni. Si fidava ciecamente di loro, erano il suo braccio destro e sinistro come le piaceva commentare. Nonostante fosse l'unica donna in un ambiente prettamente maschile, l'ispettrice M. era riuscita a farsi rispettare ed a incutere del timore reverenziale nei suoi colleghi. Non era donna da prendere in giro. La sua figura aggraziata e snella non doveva trarre in inganno: le sue sfuriate erano diventate celebri in tutto il dipartimento e nessuno voleva incorrere nelle sue ire.

Gli agenti sollevarono con delicatezza il corpo della sventurata e, con un gesto deciso, ribaltarono il corpo. I vestiti erano laceri, sul corpo vi erano dei segni evidenti di un'aggressione. Lividi, graffi e forse persino l'impronta di un morso all'interno della gamba destra. Il volto era però l'elemento più disturbante in tutto quello spettacolo pietoso: una smorfia di terrore era rimasta impressa per sempre nei lineamenti assolutamente trasformati; gli occhi erano spalancati sull'oblio, vitrei. Non aveva avuto una morte serena e sicuramente aveva combattuto fino all'ultimo per la sua vita ma, purtroppo, aveva avuto la peggio.

Sebbene fossero passati molti anni dal suo primo caso, ogni volta che si trovava a che fare con una morte violente come quella, all'ispettrice gelava il sangue nelle vene e per qualche istante smetteva di respirare. Non poteva capacitarsi del perché al mondo esistesse una violenza tale ed aveva giurato a se stessa che la sua missione nella vita sarebbe stata quella di riportare un certo ordine.

" Dalla condizione della vittima tutto mi fa presagire che si sia trattato di uno stupro e poi di un omicidio, o forse di uno stupro finito male, malissimo. Dottore continui le indagini nel suo laboratorio ma sono sicura di non sbagliarmi. Agente voglio capire che cosa faceva la vittima al di fuori della scuola, se era fidanzata, sposata, se aveva figli. Voglio acciuffare il mostro che l'ha ridotta in questo stato il prima possibile. Interroghiamo i colleghi, lavorando in 18 sezioni avremo a che fare con un centinaio di persone."

La macchina investigativa era stata messa in moto ed adesso ciò che occorreva per risolvere il caso era l'istinto ed un po' di fortuna. Ma di una cosa l'ispettrice M. era certa: non avrebbe avuto pace fintanto che quella storia non fosse giunta al termine e sapeva che ce l'avrebbe fatta. Come sempre, del resto.

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