Il giardino dei sogni

di Camilla Fresta


Un sogno.
Mi ha svegliata in piena notte. Occhi sbarrati e sorriso beato.
Camminavo, no! Passeggiavo, dentro un giardino che sapevo di conoscere.
Ero a piedi nudi, ma le piccole pietre arrotondate dell'acciottolato in mezzo
alla via che serpeggiava tra le siepi erano stranamente tiepide. Una folata di
vento leggero fece turbinare delle foglie ingiallite che rotolavano tra i sassi.
Era autunno. Mi chinai e ne raccolsi una...una foglia di castagno.

L'accarezzai piano, con gioiosa meraviglia.
Non so spiegare, ma una piacevole sensazione mi avvolse il corpo come una
calda coperta, io sapevo dov'ero.
Continuai a camminare, ad aggirarmi tra le siepi, a sfiorare con i polpastrelli
le foglioline vellutate. L'aria profumava di bagnato. Ero sola e il silenzio
ovattato s'interrompeva di tanto in tanto per lo scricchiolio delle foglie che,
rincorrendosi birichine sul selciato, inevitabilmente finivo per calpestare. Quel
dolce scricchiolio era come musica per le mie orecchie, tante note leggere
legate l'una all'altra che mi conducevano gentilmente alla meta. Continuando
a camminare il sentiero si piegò leggermente sulla destra, quasi a formare
una piccola curva e alla fine di essa Marù era lì.

Mi sorrideva e mi aspettava, lo sapevo e di colpo capì...io aspettavo lui, da
tutta una vita.
Mi avvicinai piano piano senza fretta quasi con timore...di cosa? Non lo so.
Ero così felice, sentivo i battiti del mio cuore sbattere contro le costole con
dolce violenza, ma mi faceva male fino a togliere il respiro.
Sì ero felice. Marù era felice. I suoi dolci occhi neri, "neri come la terra", che
tante volte avevo immaginato e descritto brillavano di una luce chiara e calda.
Era calore quello che sentivo avvolgermi e penetrare attraverso ogni singolo
poro della mia pelle.
Mi sorrideva, mostrando denti bianchissimi che splendevano come gemme su
quel piccolo viso.
Teneva le mani a coppa e dentro vi custodiva foglie, tante foglie di castagno.

Mi fermai e allargai le braccia e il suo sorriso se possibile si allargò ancora di
più, a dismisura.
Con un movimento lento lanciò in aria le foglie che cominciarono a roteare
tutto intorno leggere leggere, e mi corse incontro.
Lo abbracciai con il corpo e l'anima.
La mia creatura.
Il mio bambino.
Il mio io bambino.

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disegni © Liz Climo
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