Il segreto delle Gummibärchen

di Katia Fundarò

Per tutto il mese di febbraio, sulla cattedra, aveva trovato delle sorprese: delle caramelle gommose multicolore disposte a forma di cuore, poi un panino farcito solo col burro adagiato su una salvietta bianca con accanto la testa di un tulipano rosa, ancora un cioccolato nougat rotondo al rum su un foglio a quadretti con sopra un cielo azzurro, e intorno i raggi. Aveva trovato addirittura la pila dei libri operativi, quelli che non andavano a casa per i compiti ma che faceva usare in classe, tutti belli ordinati alfabeticamente. La sorpresa più grande fu veder ripulita la scatola di plastica trasparente contenente tutto il possibile raccattato in classe alla fine della giornata: gomme da cancellare mangiucchiate, resti di matite con impresse robuste dentature, fazzoletti di carta contenenti mini denti da latte di proprietario incerto, dadi con alcune facciate sporche di marrone, senza potersi orientare nell'immaginifico scenario delle cause possibili che li aveva resi di quel colore, stringhe singole di scarpe da sport, pizzini con su scritto "Rino fa le puzzette in faccia alla maestra" e relativo disegno. Tutto pur sempre utile.

Alessia immaginava chi potesse essere l'autore di quei regali inattesi, molto utili quando si trattava di rimettere mano al disordine dell'aula. A mattine alterne era sicura, quando si trattava per esempio del cioccolato. Poteva solo essere il collega greco con quell'acqua di colonia fresca che non le offriva il caffè della macchinetta come il collega tirchio italiano. Un altro giorno era sicura che fosse il gigante collaboratore scolastico slavo, Trago, che era un solo "bidello" per tutta la scuola di quasi duemila alunni, contro i cinque, uno per classe, della mini scuola in provincia di Napoli. Il misterioso dispensatore di cortesie conosceva troppo bene le sue abitudini didattiche, e quella pila di libri, sì, ne era certa.. Ancora un altro giorno era sicura che fosse lo psicologo ungaro fissato con i dettagli che seguiva il bambino autistico, perché dopo l'esperienza nell'est dell'Europa, denigrava l'atteggiamento di chi si era abituato a ricomprare e a buttare: e solo lui poteva recuperare un dado morbido sporco forse di cacca. Il quarto giorno era sicuramente l'aiuto cuoco della mensa, suo compaesano, magari si erano pure qualche volta visti in spiaggia al Poetto senza essersi riconosciuti, per quel panino morbido farcito con delicato burro francese (non tedesco), e con il tulipano decapitato rubato dai vasetti della mensa degli insegnanti. L'incertezza e lo stupore furono però presenti con quelle caramelle gommose disposte a forme di cuore, le Gummibärchen: nessuno poteva sapere che lei ne era dipendente. Addirittura, con la scusa di offrirle ai bambini nei momenti in cui necessitavano di energie, lei si riempiva la mano di nascosto, soprattutto di quelle alla coca cola, e se le ficcava tutte in bocca facendo intendere a quelle innocenti creature che la maestra aveva un problema alla gola e non poteva parlare!

Solo il marito, che una volta aveva pure provato a ricattarla per poter vedere una partita di calcio in pace: "ora mi vedo la partita in santa pace, sennò dico alle tue amiche vegetariane che ti fai di gelatina animale, ed esattamente di porco", era a conoscenza della sua dipendenza.

Chi altro poteva amarla così tanto?

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